Dada prese il fucile, scelto con cura tra quelli da caccia di suo padre. Era il più grande, il più pesante e probabilmente il più difficile da gestire. Ora che avrebbe preso le sue decisioni su ogni aspetto della sua vita, non voleva più essere contraddetta, neanche da sé stessa.
Si sentiva pervasa da una stanchezza micidiale, vicina al punto di arrendersi. Ma talvolta, è proprio nei momenti di crisi più profonda che può apparire un lampo, una scintilla inaspettata che ci dà la forza di riemergere.
Dada era di buon cuore, con uno sguardo tenero, una fisicità tutto fuorché imponente e una voce flebile. La sua essenza non era mai riuscita a imporsi su nulla, fino a quel momento.
Serva tra i servitori, si era sempre sentita condannata a una vita di soprusi, senza la più piccola speranza di conquista. Aveva frequentato la scuola solo perché i suoi genitori erano obbligati a mandarla. Aveva pochi amici, perché diventare amico di un bambino o di una bambina significava affrontare feste di compleanno e regali da comprare. No, non era possibile!
Dada non aveva mai contrastato le rigide direttive del padre, e nemmeno sua madre aveva osato opporsi, nemmeno quando piangeva dopo le urla e le botte.
“La vita è una merda. Dobbiamo farcela solo con le nostre forze, senza indebitarci, senza spendere, senza divertirci, perché se arriva una disgrazia restiamo spiazzati e riprenderci dopo diventa difficile. È meglio abituarci alle restrizioni, vivere con il necessario per sopravvivere, essere pronti ad ogni possibile catastrofe”, queste erano le frasi tipiche pronunciate dalla voce di quell’uomo, duro come la pietra e avvenente come un topo di fogna, che le era capitato come padre.
Fin da piccola aveva conosciuto la fatica del lavoro, senza provare piacere per il cibo, senza sognare vestiti carini, figuriamoci una relazione amorosa. La miseria era stata sua compagna fin dal primo vagito, forse anche già quando viveva nell’utero di sua madre. Scuola, casa, lavoro, casa: suo padre le aveva trovato un impiego come donna delle pulizie negli uffici. Quando arrivava con secchi e scope, non c’era nessuno; quando se ne andava, nessuno era lì. I soldi non li aveva mai visti; era solo un costo per la famiglia. Debitrice verso chi l’aveva messa al mondo, doveva solo rimettere i propri debiti al padre.
Ma quel contatto con l’umanità, anche se indiretto, le aveva fatto percepire una qualità di vita che prima aveva solo lontanamente immaginato. I cestini non raccolgono solo rifiuti, ma sono registri di cose consumate e pensate. Sulle scrivanie c’erano foto di famiglie sorridenti, sugli attaccapanni foulard e giacche con i loro profumi. E ancora cestini che odoravano di avanzi di cibo, odori che avevano acceso la miccia dei suoi sogni. Desiderare cibi diversi dalle misere zuppe che aveva sempre mangiato era diventata un’ossessione, anche se inizialmente non voleva cedere al desiderio di un hamburger o delle noccioline. Il cibo aveva aperto una breccia che, come un effetto domino, aveva travolto ogni suo senso. Vestiti, affetti, risate, sesso: tutto ciò che non aveva ancora conosciuto era diventato motivo di fame, una fame che stava trasformando una ragazzetta invisibile in una fiamma scintillante.
Fu così che un giorno prese quel dannato fucile e si accovacciò in un angolo, aspettando il loro ritorno. Il cuore le batteva forte, ma sorrideva fieramente: finalmente aveva preso una decisione tutta sua, senza ordini imposti. Sentì la porta aprirsi, i passi attraversare le stanze, le luci accendersi. Puntò l’arma e iniziò a sparare, svuotando il caricatore del fucile in un attimo. Fu un momento intensissimo, in cui rimase in piedi a contemplare quegli occhi sorpresi congelati dalla morte. Poi le urla, la confusione, qualcuno la atterrò e la trascinò via con forza. Seguirono altre voci, minacce che la sua vita sarebbe stata una merda e che non avrebbe mai lasciato la prigione. Ma a Dada non importava più, perché aveva capito che, per quanto lo odiasse, suo padre in fondo non aveva tutti i torti. Se a lei e alla sua famiglia non era permessa una vita serena, allora nessuno in quel maledetto ufficio avrebbe più dovuto goderne

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