Il lato chiaro, il lato oscuro

C’è sempre un lato che rimane più in ombra dell’altro, lungo la strada. Di solito si pensa di essere al sicuro se si cammina nella parte meglio illuminata. Ma da un’auto che corre all’impazzata, guidata dall’ubriaco di turno, non ci si può salvare.
“Vedi, fratello – diceva Dylan all’astante di turno –, la vita è come una roulette russa. Puoi essere morigerato, seguire una dieta sana, mantenerti in forma… e poi tac! Vieni preso in pieno da un pickup, oppure ti cade un grosso ramo sulla testa, o magari finisci nel mezzo di una sparatoria. Per quanto tu possa stare attento, ci sta che la morte ti sorprenderà senza neanche che te ne accorga. Per questo continuo a bere, drogarmi e bestemmiare: voglio fare schifo anche alla morte, così da potermi godere la vita il più possibile.
È una strategia vincente, la mia? Certo che no. Ma così mi scanso molto dolore e, più che altro, bevo ottimi rum. Vuoi favorire?”

Dylan era conosciuto da tutti, e faceva in modo di esserlo anche dagli sconosciuti. Se ne stava fisso nell’unico pub di una cittadina piccola, stanca, polverosa, che in passato aveva vissuto momenti sicuramente meno grigi. Quel buco di culo stava in mezzo fra due città un po’ più grandi, che un tempo avevano visto fiorire industrie e, con esse, il benessere economico di tanti che lasciavano la propria zappa sul terreno arido per andare a lavorare nelle fabbriche, raccogliendo frutti di plastica. La cittadina era stata un buon crocevia di uomini in cerca di affari e, soprattutto, di compagnia nel motel ora abbandonato, di cui riaffiorano, nella memoria dei più vecchi, eroiche gesta erotiche di uomini con una o più pulzelle, uno o più giovanottini.
Resistenze, numeri da capogiro ben prima della scoperta del Cialis, cumuli di preservativi, vetri delle finestre spaccati da qualche coniuge cornuto. Meraviglie di un lussurioso, sanguigno passato.
Erano tempi bellissimi, quelli, in cui quel lato oscuro era attorniato da una siepe non troppo alta che permetteva di spiare le coppie in preda a fantastiche prestazioni sessuali.
Il lato chiaro, invece, mostrava l’edificio scolastico dove Dylan insegnava Storia e Geografia.
I bambini della cittadina arrivavano a piedi a scuola, spesso scortati da un genitore che inveiva contro quell’allegro giro di auto, uomini e donne in tiro là di fronte.
Ma spesso era l’invidia a parlare, l’invidia di una vita che, dalla catena di montaggio della fabbrica, li riportava nella routine quotidiana di doveri morali imposti da una società che li voleva devoti alla chiesa e alla famiglia.

L’unico che camminava da un lato all’altro della strada senza farsi troppi problemi era Dylan: celibe, di discreta presenza, con un appartamento con vista proprio sul motel. Le chiacchiere su di lui si sprecavano: molte madri devote gli avevano fatto intendere che gli avrebbero concesso volentieri le proprie grazie, non solo a favore di un voto più alto per i figli, ma anche a favore suo, perché gli uomini, più delle donne, devono pur sfogare i propri istinti.
Dylan era un uomo generoso, sia come insegnante che come amante.
Istruiva i suoi allievi affinché un domani potessero brillare così tanto da lasciare quel posto e vivere una vita ricca di soddisfazioni, lontana da turbine, pale, statori e altri elementi.
Istruiva le sue amanti su pratiche sessuali che portavano al massimo godimento.

Poi la crisi aveva via via fatto sparire studenti e madri vogliose, ma non Dylan, che continuava a stare in quel posto dimenticato da Dio, tenendo compagnia ai malcapitati del pub.
Una compagnia che spesso salvava, almeno per una manciata di minuti, dal lato oscuro.
Perché l’insegnante, che sapeva bene la Storia e la Geografia, conosceva i tempi in cui il supremo o il diavolo avrebbero avuto fame di anime, e i lati della strada da cui avrebbero potuto pescarle.

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