Ho paura di chi ride.
Non avrei mai pensato, prima, che una risata potesse mettermi così paura.
Stephen King ci aveva avvertiti mostrandoci Pennywise. Eppure pensavo che quell’orribile creatura esistesse solo nell’incredibile fantasia del Re. Poi ho scoperto che in passato c’è stato davvero un serial killer travestito da pagliaccio. Ma anche in quel caso mi sono detta che si trattava di un fatto unico, relegato a possibilità remote.
Negli ultimi tempi, però, questa risata a bocca larga si è diffusa come un virus: un trionfo di cinismo, la morte dell’empatia.
Non sapevo se esistesse un ‘contrario’ della parola empatia, ma l’ho imparata poco fa: alessitimia, definita come analfabetismo emotivo, cioè l’opposto dell’intelligenza emotiva.
Oltre l’analfabetismo funzionale, siamo circondati anche da persone che hanno quello emotivo, spesso questi deficit viaggiano insieme, ma non sempre.
L’immagine dell’emoticon della risata abbonda nei commenti sulle vittime, accompagnata da livore e parole che ora so appartenere a questo tipo di analfabetismo, il quale a sua volta è il contrario dell’intelligenza emotiva.
Questa caratteristica, negli adolescenti, è causata dalla mancanza di educazione emotiva. Ma gli adulti?
Cosa succede, per esempio, nella testa della nonnina di Facebook che posta fiera la foto dei nipotini ma poi, quando si parla di ostaggi, accompagna la terribile risata a frasi del tipo “Ben gli sta! Se fossero rimasti a casa loro non gli succedeva niente”?
L’analfabetismo emotivo si diffonde online.
In State of Mind (il giornale delle scienze psicologiche) ho trovato un interessante articolo che dice:
“Le emozioni che frequentemente traspaiono online su temi molto dibattuti nel web sono emozioni di rabbia e frustrazione. Ma non è l’emozione in sé a preoccupare: oltre all’emozione c’è di più: c’è una mancata regolazione emotiva, una tendenza all’azione, una totale cecità verso l’altro.”
Un meccanismo che in molti è andato in tilt
Quella risata, che tanto mi mette i brividi, è un altro aspetto della regressione culturale del nostro Paese, che si autoalimenta negli ambienti familiari e in ogni luogo che spinge le nostre emozioni verso la pancia, sempre più lontane dal cervello, per la felicità degli autocrati di turno.

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