Lucilla – Così sottile

Non sono mai stata abbastanza.
Abbastanza bella, abbastanza intelligente, abbastanza simpatica, abbastanza arrendevole, abbastanza forte, abbastanza magra, abbastanza curata, abbastanza disinibita, abbastanza pudica.
Non mi è stato abbastanza il cibo, il vino, il sesso, la voglia di uscire, la voglia di restare a casa, la voglia di vedere gente, la voglia di stare sola.
Sento sempre una mancanza, perché forse tutto è troppo; troppa la vita, anche se non ne ho mai abbastanza.
Non sono neanche abbastanza alta, né più abbastanza giovane, e adesso non sono neanche abbastanza vecchia per ritirarmi nel mio guscio, che manca sempre di qualcosa.

Mi sembra di non essere abbastanza per essere vista e vorrei urlare e dire al mondo che io ci sono, io sono.
Dire a te che, per te, non sono mai stata abbastanza da lasciarmi entrare davvero nella tua vita. Mi hai tenuta abbastanza in periferia: ho visto ciò che facevi da lontano, perché forse per te non ne valeva la pena. Non ero abbastanza.

Nel mio spessore, che non è mai abbastanza definito, in cui dovrei essere abbastanza matura per averlo compreso, alla fine del mio tutto , che non è mai abbastanza, mi dovrei accontentare.

Lucilla si sentiva dentro una scatola.
Non che vi ci fosse infilata di proposito, ma sentiva che intorno a lei, sopra e sotto di lei, c’erano pareti che non riusciva a sfondare.
Eppure, in quella scatola, la gente entrava e usciva regolarmente, con noncuranza. Solo lei non riusciva a uscirne.
Quando doveva muoversi nel mondo, quel cubo si trasformava in una sfera che rotolava via con la leggerezza del vento, non lasciando niente. Perché chi si dà per scontato, anche quando manca, non lascia neanche il ricordo.
Ci sono eserciti d’invisibili in questo mondo di gente china sul rettangolo luminoso, in cui, credendo di vedere tutto, si perde tutto.
Lucilla avrebbe voluto dirglielo a quella gente, anche a quelli che entravano e uscivano dalla sua vita,che c’è qualcosa di più forte, più intimo, che vale la pena condividere.
Ma come poteva, se le pareti le impedivano di parlare, e chi invece la invadeva era sordo?

Fu così che un giorno prese ogni pezzo che gli altri avevano lasciato nella sua scatola e cominciò ad assemblare una bomba.
Certo, erano tutte cose che lì per lì le sembravano di poco conto: rimasugli, roba da rottamare.
Ma quell’ammasso messo insieme… Dio mio, se era potente!
Ce l’avrebbe fatta, si diceva. “Sì, stavolta farò esplodere tutto e uscirò da questi sei tramezzi.”
La miccia la realizzò con il cordone del rancore che aveva tenuto in serbo per anni, quelli in cui non era riuscita a far sentire la sua voce. L’involucro lo fece con l’indifferenza di chi, entrando nel suo mondo, aveva poi lasciato ben chiusa ogni uscita alle sue spalle. Realizzò la carica con tutta la sua passione mai esplosa, perché a tenuta stagna. Per l’accensione le sarebbe bastato il suo sguardo sul mondo dei potenti.
Ci vuole così poco ad accendersi.
Potrei raccontarvi che venne il giorno in cui Lucilla spazzò via le pareti del suo maledetto cubo, e fu bellissimo. Sì, sarebbe bello parlarvi del successo che ebbe, quando riuscì finalmente a farsi vedere, a farsi sentire.
Ma come poteva Lucilla farsi notare, lei che volava così leggera sulle nostre teste chine?
Ebbene, ci ripensò; sistemò i rottami da una parte e si mise a leggere un buon libro.

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