Sullo scenario che fa da sfondo alle strade della nostra città, ci siamo ridotti al ruolo di comparse, personaggi marginali nella pellicola di questo infinito film, dove i protagonisti sono i monumenti, i ristoranti affollati a tutte le ore e i chiassosi studenti americani, eternamente in infradito.
I treni ci scaricano al mattino, quasi fossimo un corpo estraneo da rigettare il più velocemente possibile. Andiamo a lavorare e, dopo una lunga giornata, torniamo a casa, una casa lontana dal centro, salendo nuovamente sui treni, dribblando tra i turisti e i loro enormi trolley, quei turisti che si dice portino tanto bene al nostro paese.
Ma a noi, che percorriamo chilometri ogni giorno per andare al lavoro, questo turismo ha portato, al momento, solo un aumento delle spese e una separazione, senza ritorno, tra la nostra città e noi, i suoi vecchi abitanti.
Non possiamo più permetterci di vivere nei luoghi dove siamo nati e dove lavoriamo. Eppure, appariamo perché le comparse nei film sono indispensabili, fanno massa e sono utili nei lavori di bassa manovalanza. Così ci prostiamo al servizio del turismo: ai turisti non sta bene non incontrare gente locale. Qualcuno dovrà pur portare al loro tavolo le bistecche, il caffè, e poi ripulire i loro alloggi, giusto? Noi, con il nostro piccolo ruolo, aggiungiamo anche un po’ di colore e folklore. Qualche tipico abitante del luogo deve pur fare da sfondo, insieme ai nostri simboli storici, nei loro selfie, no? Poi ci sono quelli che intrattengono i turisti con la musica, e altri squattrinati, plurilaureati in lingue, che li portano in giro.
Continuano a ripeterci che il turismo porta soldi. Ma a chi li porta? Alla bottega di Aldo? Ah no, Aldo non c’è più. Al suo posto c’è l’ennesimo negozio in franchising, identico a migliaia di altri sparsi in ogni città del mondo. E Franca, l’artigiana? Anche lei ha dovuto spostarsi, non riusciva più a pagare l’affitto del suo laboratorio.
Ma chi, oltre a chi lavora nel turismo, resiste ancora? I ricchi, quelli resistono sempre. Buttano fuori i vecchi inquilini e trasformano le loro case in mini celle per gli ospiti, guadagnando ancora di più affittandole a prezzi esorbitanti.
Il turismo, continuano a dirci, è una risorsa. E poi ci sono gli studenti stranieri, e dovrebbe essere un vanto per le nostre città ospitarne così tanti. Così tanti, con i loro bicchieri di plastica sempre pieni di alcolici, un vanto, specialmente quando, ubriachi, tocca a Pietro, durante il suo turno di notte nello studentato, raccoglierli da terra o nei pronto soccorso per riportarli indenni nei loro alloggi.
Però il turismo fa bene a tutti.
A tutti, anche a noi figli di un ruolo minore, quasi impercettibile, che domani mattina reciteremo nuovamente la parte di lavoratori con uno stipendio sempre più ridotto di fronte alle spese quotidiane sempre più in aumento. Ma mica è colpa dei turisti. Anche io girerei il mondo se solo potessi permettermelo.
Ripensandoci, in effetti, un tempo lontano sono stata anch’io una turista. Viaggiavo nei luoghi più poveri e mi sembrava una vera pacchia: con due lire mangiavo e potevo permettermi di alloggiare in alberghi favolosi, servita e riverita.
Un sorriso mi assale, pensando che i turisti di oggi, un giorno, diventeranno le comparse nei film delle loro città. Li voglio proprio vedere se saranno bravi come me a dribblare questi stupidi trolley!

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