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e terminò troppo presto quel gioco crudele d’agosto

Temo che questo odore così forte di polvere, muffa e passato svanirà quando finirà la ristrutturazione della villa e ho paura di perdere la memoria delle sensazioni che avevo provato qua con lei. Come potrò mai conservare la fragranza della mia eccitazione di allora mista alla sua pelle candida e alla sua cipria che mi restava addosso e continuava a farmi sognare ancora per molto tempo dopo l’amore? Non so se davvero ho amato quella donna, ma so che ho amato e amo ancora quella magia di cui ancora qui percepisco il profumo. La mia signora bionda, di un’età che non sono mai riuscito a definire, che quell’estate m’insegnò ad amare se n’è andata da tempo lasciando qua quei libri che mi avevano portato in mondi lontani, i suoi profumi francesi e le sue tende appesantite dalla polvere. La villa è splendida e i ciliegi sono in fiore, questo resta uno dei posti più belli di cui abbia memoria. Ricordo questa casa che da piccolo mi sembrava enorme, la villa che domina la collina a cui mi avvicinavo furtivamente con la mia bicicletta finché un giorno lei si accorse della mia presenza e m’invitò ad entrare. A quindici anni non avevo idea di cosa avrei fatto della mia vita e non sapevo neanche quando sarei diventato uomo, studiavo al primo anno della scuola per geometri perché i miei volevano per me un futuro diverso dai campi da coltivare. La signora se ne stava in piedi vicino al cancello dove mi ero fermato così tante volte, non l’avevo mai vista così da vicino, in paese si diceva che fosse rimasta sola e che solo raramente riceveva visite di lontani parenti. Morbida è il primo aggettivo che venne in mente guardandola quel giorno avvolta nella sua vestaglia grigia di seta che le si adagiava addosso leggermente aperta sul suo seno abbondante ormai poco sostenuto dal tempo e sui sui fianchi larghi. Portava sempre una fascia in testa per contenere i suoi capelli ribelli il cui colore stava ormai sbiadendo. Fumava una sigaretta di quelle fini quando mi chiese con la sua voce roca e un po’ autoritaria cosa ci facessi davanti a casa sua. Borbottai un qualcosa d’incomprensibile mentre visibilmente arrossato in volto inforcai la mia bici tentando di scappare e strappando a lei una grassa risata. “Dove vai ragazzino? Ti faccio così paura?” e mi aprì il cancello invitandomi ad entrare “Vieni ti offro un bicchiere d’acqua, ad occhio ne hai proprio bisogno … su dai, mica mordo”. Quella fu la mia prima volta nella villa, ricordo ancora il mio stupore nel vedere così tanti libri, non ne avevo mai visti così tanti tutti insieme neanche alla biblioteca del paese, ma fu l’odore di quella signora, l’odore che ancora percepisco qua dentro, la cosa che più mi sconvolse. Le stanze erano tutte un po’ in ombra, c’era dappertutto quel disordine di vita vissuta che risuonava nei vecchi dischi di jazz che lei ascoltava quasi in continuazione. Non spiccicai quasi parola quella volta li, lei fu gentilissima e molto entusiasta quando farfugliai qualcosa sui suoi libri e m’invitò a venirla a trovare di nuovo offrendosi di prestarmeli se lo avessi desiderato, fu quello l’inizio, tornai a casa con il cuore in gola cercando d’imprimere nella memoria il suo profumo, mi accorsi che ero eccitato e ne provai vergogna. Sentivo in me un misto di attrazione e di paura, volevo tornare a trovarla quanto prima, la scusa dei libri era ottima e poi in fondo cosa c’era di male nel parlare di letteratura con una persona che poteva insegnarmi tanto anche se al solo pensiero di ritrovarmi con lei il cuore mi saliva impazzito fino in gola? Tornai a trovarla diverse volte, ogni volta lei mi offriva nuovi libri e mi raccontava dei suoi viaggi passati, delle sue interessanti amicizie con artisti di varia natura, ma non mi raccontava mai niente di strettamente personale. Non so se fosse vedova, divorziata o se non si fosse mai sposata, so che m’incantavo a sentire la sua voce che cambiava registro a seconda di ciò che più l’aveva resa triste o allegra. Cercavo di starle sempre più vicino ad ogni occasione per poterla almeno sfiorare, ma fu lei quella volta a prendermi per mano per accompagnarmi al piano di sopra dove in una vecchia cassapanca aveva trovato una stampa antica che aveva cercato disperatamente per molto tempo. Il tocco della sua mano mi fece letteralmente impazzire, lasciai scivolar via la mia mano sudata cercando di nascondere mio imbarazzo. Una volta tornati di sotto mi offrì da bere dicendo che era l’occasione giusta per festeggiare, bevvi un vino che non conoscevo, ma ricordo che era forte e poi ricordo la sua mano sulla mia che mi guidava sul suo seno, il primo bacio che sapeva di tabacco, liquore, ansia e amore. Si spogliò nuda e rimase davanti a me che immobile restavo a guardare prima il suo volto solcato da piccole rughe di cui non mi ero mai accorto prima e poi il suo corpo dalla pelle chiarissima. Mi accarezzò e la lasciai fare fino a che le sue mani non toccarono il mio membro eretto e la sua bocca vi si pose per gustare la mia acerba essenza, venni praticamente subito e non riuscii neanche a capire cosa mi era successo. Ci misi diversi giorni prima di tornare in quella casa, ma alla fine mi feci coraggio, la seconda volta la mia erezione durò più a lungo e nei giorni successivi imparai a controllarmi, entrai in lei e fu meraviglioso vederla ansimare sotto di me, sotto i miei colpi di inesperto amante. Avevo creduto veramente di essere innamorato di lei, sognavo un futuro insieme in barba alla differenza di età e ai giudizi. Fu lei a liquidarmi un giorno, così di punto in bianco dicendomi che sarebbe stata via alcuni mesi e che non sapeva se e quando sarebbe tornata. Mi spezzò il cuore e quella fu la mia prima ferita, forse la più crudele perché di questa non mi davo alcuna colpa. So che non se ne andò mai in realtà, che restò chiusa in questa casa con i suoi libri e che mi lasciò libero di scoprire altri corpi, altre emozioni, altri amori. Difficile per me oggi lavorare qua, ridisegnare le stanze della mia lontana verginità perduta senza pensare a quei giorni, toccherà a me cancellare definitamente il suo odore da questi muri e consegnare a questa casa una vita nuova lontana dalla signora bionda dei ciliegi e da quel ragazzo che ero molto, troppo, tempo fa.
Un bel Pezzo ..di ricordi sfumati.
Per me l’aggettivo “morbida ” riferito ad una donna è fantastico
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Grazie di cuore
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