Svolgimento:
Mario Merola è stato la voce di tutte le sfighe possibili e inimmaginabili che possono capitare ad un uomo umano. Incarcerato ingiustamente con tanto di madre in fin di vita, abbandonato dalla moglie, cornificato in tutti i modi, in tutti i luoghi e in tutti i laghi, sfruttato, costretto ad emigrare e, come se tutto questo non bastasse, malato agonizzante fra le braccia di Gigi D’Alessio.
Re della sceneggiata napoletana ha interpretato, con la sua magistrale aria a dolor di corpo, il lui nel menage a trois “isso, essa e o’ malamente” (lui, lei e il mascalzone). Capolavoro immortale è il suo “Zappatore” dove interpreta un contadino che s’indebita con uno strozzino per far studiare il figlio il quale, una volta ottenuta una carriera di successo, si vergogna del padre .. quando si dice che i sacrifici non ripagano.
Il Re è rimasto tale nel tempo, nonostante l’avvento dei Nini D’angelo e dei D’Alessi successivi, nessuno è riuscito neanche lontanamente a contrastare la sua supremazia. Il suo successo non fu solo dovuto ad una grande voce e alle sue superlative interpretazioni, Merola incarnava l’eroe che lotta eternamente contro tutti i soprusi, il buon padre che si sacrifica per la famiglia, il lavoratore umiliato dai ricchi, l’uomo onesto contro la malavita, il cornuto. Chi fra di noi persone comuni non ha mai patito simili tormenti? Mario Merola non solo li sentiva come fossero cose accadute veramente a lui, ma amplificava il suo dolore facendoci sentire tutti un po’ meno sfortunati. Siamo stati tutti cornuti, ma lui più di noi e questo ci ha sempre fatto sentire migliori.
Da scaricatore di porto a cantante ebbe una carriera costellata da molti riconoscimenti, ma quello più grande rimane quello dei suoi concittadini che in 40.000 si presentarono al suo funerale per l’ultimo saluto.
Morì per arresto cardiocircolatorio pochi giorni dopo essere stato ricoverato per un malore causato dall’ingerimento di cozze crude.
Un maestro!
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