Caterina

Caterina se ne stava rannicchiata nel suo enorme cappotto in quella fredda giornata di novembre. Aveva il suo solito aspetto buffo, gli occhi enormi che sembravano fatti di acqua e il naso all’insù tutto arrossato. Aspettava quel ragazzo già da un quarto d’ora e per ingannare il tempo contava le foglie che cadevano. Quello era il loro primo appuntamento. Si erano scambiati un sorriso in un bar e lei timidamente gli aveva allungato un bigliettino col suo numero di telefono. Lui rimase spiazzato e felice di quella iniziativa. Cominciarono così a scambiarsi messaggi, all’inizio un po’ formali, ma poi via via sempre più amichevoli. Lui era affascinato da quell’insolita fanciulla. Le chiese un appuntamento, le piaceva parlare con lei, ridere e scherzare come facevano per sms. Lei non chiedeva mai niente, nei suoi messaggi raccontava dei suoi sogni, ma mai dei suoi desideri. Il vento le frizzava dispettosamente il viso. Le persone intorno a lei sembravano tutte indaffarate, lei si godeva il tempo della sua attesa. Le piaceva viaggiare con la fantasia, immaginarsi in un bosco incantato piuttosto che in un parco pubblico. Le foglie le apparivano come tante fatine che scendevano a terra per realizzare fantastiche decorazioni con i fili d’erba. Le auto si trasformavano ingrossi animali che sfrecciavano a gran velocità in cerca di cibo. I bambini incappucciati erano gnomi o elfi, le mamme streghe benefiche. Nella sua testa ogni rumore diventava musica e ogni musica una danza che armonizzava i personaggi della sua mente. Caterina sembrava avere un’essenza diversa dai comuni esseri mortali. Era eterea e luminosa. Quando camminava sembrava pattinasse, ogni sua movenza era delicata. Passarono ancora altri minuti, lei rimaneva con quell’aria sognante, sembrava non preoccuparsi del ritardo del ragazzo. Il vento spostava le foglie e lei si rintanava ancora di più in se stessa. Sospirava priva di ogni forma di ansia, era sicura: oggi si sarebbero visti, oggi avrebbe finalmente bevuto il suo sangue.

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