Finalmente sono andata al cinema, ero tutta eccitata all’idea di vedere questo capolavoro introspettivo di Lars Von Trier. La storia parla di un omino che raccatta per strada una donna sbattuta (sbattuta nel senso insanguinata .. oddio anche per il resto ripensandoci). La porta nel suo appartamento per soccorrerla, probabilmente Von Trier ignora l’esistenza del 118. Qua Joe (la sbattuta) gli rivela di essere una ninfomane e anche in questo sta il genio del regista perché sarebbe l’ora di dire finalmente quello che siamo. Il mondo non sarebbe più bello se, per esempio, Nunzio al posto di presentarsi: “Salve sono Nunzio e faccio il commercialista” dicesse: “Salve sono Nunzio e sono un petomane”? Tutto sarebbe molto più limpido anche se a tratti gassoso. Joe comincia a raccontargli la sua vita dal padre medico (e in questo si può capire la particolare propensione per l’anatomia della protagonista), alle gare che faceva in adolescenza con una sua coetanea a chi scopasse di più sul treno, anche se personalmente sono convinta che mio zio Vito, che per una vita ha lavorato per una ditta che ripuliva i treni alla stazione di Santa Maria Novella, abbia scopato e dato il cencio molto più di loro. Con Nymphomaniac Lars Von Treier chiude la sua trilogia sulla depressione, non contento di averci depresso anche molto prima con capolavori come Dancer in the dark o Le onde del destino, con questo riesce a deprimerci sessualmente al punto da farci passare la voglia di avere in futuro qualsiasi rapporto o note sul registro. E’ un film sofferto e, vedendo la protagonista farsi fare tutta quella robe pese, lo credo bene. Lars Von treier, in questo suo film suddiviso in due capitoli, ci pone una riflessione sulla sessualità, infatti molti hanno ammesso di non averci capito ‘na sega.
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Sibilla conduceva una vita apparentemente anonima. Non era né bella né brutta, non dava l’impressione di essere particolarmente brillante o noiosa, nessuno dei suoi vecchi compagni di scuola rammentava il suo nome e chi fosse, era neutra. Tutte le mattine, prima di andare al lavoro, si fermava a fare colazione nel bar sotto casa, ordinava sempre le stesse cose, ma ogni volta il barista la trattava come se la vedesse per la prima volta. Svolgeva i suoi compiti come altri anonimi impiegati di una grande multinazionale, nessuno si ricordava d’invitarla alle riunioni o alle feste aziendali e comunque, se ci fosse andata o meno, nessuno ci avrebbe fatto. Vedendola era difficile capire che età potesse avere e, dato che portava in tutte le stagioni strambi strati di vestiti, era difficile farsi un’idea della sua forma fisica. Si svegliava ogni mattina alla stessa ora anche quando non doveva andare al lavoro, si lavava, si vestiva, faceva colazione, prendeva l’autobus, svolgeva puntualmente i suoi compiti in ufficio, tornava a casa, scongelava cibi surgelati, mangiava, accendeva il suo computer e cominciava a creare. Sibilla possedeva l’arte di rimanere anonima anche in rete, grazie a questa sua naturale dote e alle sue eccellenti qualità, riusciva ad operare in internet senza lasciare alcuna traccia di sé. Fino dalla nascita di questo mondo virtuale Sibilla si divertiva a creare false notizie a cui inseriva collegamenti a documentazioni varie in modo da farle risultare veritiere. Era stata lei la prima a parlare di scie chimiche, signoraggio bancario, grigi, teoria del complotto e molto altro. Le sue creazioni, sapientemente miscelate ad un pizzico di verità, si diffondevano a macchia d’olio e generavano pagine su pagine, blog su blog, notizie su notizie. Quando accadevano fatti di straordinaria importanza, come l’attentato dell’11 settembre, lei ricamava trame fantastiche che molti avrebbero poi diffuso e incrementato. Sibilla aveva ereditato questo suo talento da sua madre e sua madre da sua nonna. Fu proprio sua madre, in giovanissima età, a creare leggende metropolitane che tuttora si perpetuano come la morte di Paul MccCartney o quella dell’autostoppista fantasma. Sua nonna invece fu l’artefice di alcune straordinarie leggende sul ciclo mestruale. Sibilla si sentiva appagata, grazie al potere del suo talento le sue creazioni, come quelle delle sue ave, si erano sparse su tutto il pianeta. Scomparve un giorno come tanti altri, nessuno si accorse della sua assenza. Le uniche tracce che aveva lasciato non erano riconducibili alla sua identità, si mise a sorridere pensando a questo, poi riprese a sorseggiare il suo mojito in compagnia dei suoi amici Jimy, Janis, Elvis e Marylin all’ombra delle palme di un’isola leggendaria.

Distorted Gravity Surreal Photography by Anka Zhuravleva -
Quando siamo andati in quel ristorante che tanto tu ci tenevi a farmi conoscere,
tu c’eri.Quando mi hai aperto la portiera dell’auto, mi hai fatto entrare per prima nel locale e mi hai spostato la sedia per lasciarmi comodamente sedere,
tu c’eri.
Quando hai voluto ordinare per tutti e due scegliendo le pietanze più sublimi per farmele conoscere,
tu c’eri.Quando hai scelto il vino migliore affinché ci potessimo inebriare del suo nettare,
tu c’eri.Quando con la tua forchetta stimolavi il mio palato facendomi assaggiare quello che tu avevi scelto,
tu c’eri.
Quando hai ordinato al cameriere quel magnifico dessert per noi,
tu c’eri.Quando poi hai voluto che degustassi quel ricercatissimo liquore così da prepararmi alla entusiasmante notte che avremmo trascorso insieme tra le lenzuola, tu c’eri.
Ma quanto poi è arrivato quel salatissimo conto,
tu dov’eri?
il mio solito Vettriano -
Ricorso del Tar contro il governo. “Gli esperti dicono che i provoloni piccanti sono pericolosi”. Come riporta Affari Itagliani, un gruppo di avvocati e di cittadini si sono mobilitati per chiedere che vengano apposte scritte choc sui provoloni: “Nuoce gravemente alla salute”, come per le sigarette, onde evitare una strage nei prossimi anni. Uno dei promotori dell’iniziativa, Gianni Gianformaggio, ha detto alla nostra redazione: “Si è pensato ad un ricorso al Tar del Lazio perché ordini al Ministero della Salute e al Governo di effettuare un’immediata campagna di informazione pubblica su scala nazionale sui rischi d’insorgenza di tumori per l’ingerimento dei provoloni piccanti e sulle modalità da attuare per annullare o ridurre il livello dei cancerogeni”. L’iniziativa è stata lanciata dall’associazione C.A.C.I.O. (Campagne Articolate Contro Idealismi Oscuri) e da Federico Galbani, dirigente d’azienda lombardo che ha vinto nel 2012 una causa in Cassazione contro l’Aurecchio ottenendo che fosse stabilito il nesso di causa tra il consumo dei provoloni piccanti e il tumore al pancreas che lo aveva colpito. Ad appoggiare questa iniziativa e’ un pool di avvocati molto noti nel ramo fra cui Giuseppe Montasio, Armando Di Fossa e Chiara Reggiano dello studio legale Morlacco e Casciotta di Urbino. I ricorrenti chiedono che si applichi il principio di precauzione (art. 191 del Trattato sull’Unione Europea) e che, anche in assenza di certezze definitive sul legame causale, ordini in via d’urgenza al Governo di fare un’attività di informazione a fini precauzionali. Il ricorso al Tar e’ stato notificato ai Ministeri della salute, dell’ambiente, dello sviluppo economico e al Miur. L’assunzione del provolone piccante comporta possibili rischi, alcuni esperti lo avevano denunciato da tempo. Andava in questa direzione anche una missiva del ministero della Salute del 2012 riguardante Paolo Ricotta, un cittadino residente in Basilicata, malato di tumore al pancreas. La sua storia, raccontata da Massimo Raviggiolo su la Gazzetta del Mezzogiorno e Mezzo è particolarmente importante. Subito dopo la drammatica diagnosi di Cancro, Leone e Pesci, l’uomo, un fattore di Potenza, decide di limitare l’assunzione nel suo corpo di provolone piccante e comincia a nutrirsi di altri formaggi. Dopo qualche tempo dal suo cambio di dieta la sua salute cominciò a migliorare … – See more at: ww.ciseiocifai_svalvolatilegonadi.org

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Lascia che ti porti con me
perché sto andando nei campi di fragole
niente è reale
e niente per cui stare in attesa
campi di fragole per sempreFra qualche giorno sarà aprile, tornerò a scoprire i nuovi colori, la nuova luce, i freschi odori, erba brillante, sole e fragole. Li hai mai visti gli infiniti campi di fragole? Non parlo di serre, né di piantine da giardino, parlo del rosso in cui ti potresti tuffare, del colore in cui rotolarti che ti rimane attaccato e che ti fa profumare sempre e sempre. Non serve cercarli lontano, puoi trovarli nel tuo naso. Se chiudi gli occhi e ci pensi puoi aspirarne l’odore. I campi di fragole infiniti sono nelle note dei quattro ragazzi di Liverpool e io adesso li sto guardando.
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http://www.youtube.com/watch?v=v2c0lzN7J9g
“Piove, ancora una volta.”
Ho trattenuto a lungo le mie lacrime, mi dicevo che non dovevo più essere paranoica, che sarebbe andata bene, almeno questa volta. Avevo sempre fatto di tutto per te. Guardo ancora le ultime parole che mi avevi mandato in un messaggio. Avevi scritto: “Ci sentiamo domani” e non ti ho più sentito. Pensa, per essere sicura di non avere io qualche problema sono pure andata all’Amplifon ma il mio udito è ok, non dipende da me. Ti ho cercato, ti ho chiamato mille volte, ma il tuo cellulare era sempre irraggiungibile, forse spento. Ho pensato che forse avevi cambiato il telefono, che eri stato costretto a cambiare numero. Sono stata sotto casa tua, non c’era la tua macchina. Dove avevi parcheggiato? Ho considerato che potevi aver avuto un incidente, ho chiamato tutti gli ospedali della zona, ma non sono riuscita a trovarti. Ho percorso a piedi i bordi delle autostrade e delle statali, potevi essere rifinito in un burrone, che so in una scarpata. Sai che detesto essere ossessiva, ma ho davvero avuto una gran paura. Ho passato in rassegna gli obitori. Sai quanto avevo cercato di essere positiva, di credere che davvero, se avessi dimenticato ogni mia angoscia, sarebbe filato tutto liscio, ma non riuscivo a trovarti. Mi sono anche detta che forse eri stato costretto ad entrare in un programma protezione testimoni, sono stata alla polizia, ho cercato di contattare la Cia, l’Interpol, la FBI, anche il KGB e la Stasi perché sai quanto io sia terribilmente nostalgica. Non volevo certo avvelenare il nostro rapporto con le mie inquietudini, ma come potevo stare tranquilla non trovandoti? Avevamo dei progetti, avevo risparmiato tantissimo per poterci permettere una casa come avevi sempre desiderato, ci saremmo sposati, avevo già trovato un acquirente per il rene che avrei venduto per comprare quel mega schermo al plasma con l’home theater che tanto ti piaceva. Capisci? Eri sparito da ben 6 ore e non riuscivo a farmene una ragione.
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Manola guardava le sue vecchie foto e i suoi vecchi film. 20, 30 anni e poi 40, 50 … la sua sfioritura. Un seno bellissimo, le gambe, i capelli, la pelle, ogni particolare del suo corpo aveva irradiato luce, un corpo che era stato amato e desiderato da tanti. Manola aveva fatto l’amore con molti uomini e con tante donne sulla pellicola, nella sua vita reale e nelle fantasie di chi la venerava, molti tuttora avrebbero voluto possederla, ma forse non com’era adesso. Le era stata regalata l’immortalità che si conferisce alle icone, ma lei non era un qualcosa d’impalpabile come una qualsiasi malinconia, Manola era un corpo e una mente ricca di emozioni e ancora di tanti desideri. Rivedeva le sue prodezze erotiche, i suoi ménage di gruppo, ricordava la sua infaticabilità nel cavalcare peni instancabilmente dopati, nel dedicarsi con la lingua al sesso altrui, nell’articolare il suo bellissimo corpo nei modi più bizzarri per provare e far provare il piacere. A 20 anni era splendida ma ancora poco esperta, solo intorno ai 40 si sentiva pienamente soddisfatta del suo aspetto e della sua arte. Invecchiare è inevitabile e per quanto fosse più volte ricorsa alla chirurgia estetica, alle diete e alla ginnastica sentiva di non avere più la piena padronanza del suo corpo, ma non voleva arrendersi, voleva ancora riuscire a realizzare le sue incredibili performance sessuali che tanto l’avevano resa celebre. Gli amanti non le sarebbero certo mancati, ma non aveva voglia di nostalgici attempati o di giovani curiosi, voleva solo provare a sé stessa di essere ancora capace di gioire della penetrazione nei modi più estrosi. Fu così che il giorno dopo la sua cameriera la rinvenne in quella assurda posizione, con un fallo artificiale nella sua vagina e il sorriso di chi ce l’aveva ancora fatta nonostante tutto.

František Drtikol Czech Nude #6 1920 -
Un paio di mesi fa avevo parlato di un articolo che in pratica definiva il ciclo mestruale una malattia, oggi è apparso un commento sotto un articolo di Eretica su Il Fatto Quotidiano in cui una signora diceva che alcuni studi (?) hanno dimostrato che l’esposizione a immagini sessuali esplicite può addirittura anticipare il menarca. Io pensavo che fosse uno dei soliti troll che normalmente stazionano nei commenti del quotidiano online e invece la signora in questione pareva serissima, non solo ha tirato fuori la parola “menarca” che non sentivo da almeno 30 anni, ha pure bacchettato l’autrice offrendogli una supercazzola sulla pornografia e la sessualità. Mi sono messa alla ricerca di questi studi e non ho trovato nessuna notizia a riguardo. “Ovviamente!” direte voi miei piccoli lettori, ma con tutte le cazzate che la gente (me compresa) scrive in rete (e non solo qui) non mi sarei sorpresa di trovare un qualcosa che riportasse a questi famigerati studi.
Ho deciso comunque di redigere un elenco delle leggende metropolitane riguardo le mestruazioni.
- Se sei mestruata non puoi toccare le piante altrimenti appassiscono
(le mie, fra l’altro, appassiscono anche quando non ho il ciclo)
- Se hai le mestruazioni non puoi andare a cavallo
(ma non bastava non guardarlo in bocca se era domato?)
- Con il mestruo la maionese impazzisce
(e bisogna ricorrere ad un TSO? Per quando riguarda altre salse non ci è dato di sapere, io però temo per il mio tzatziki che proprio in questo momento mi sta guardando malignamente)
- Se hai il ciclo non devi lavarti
(l’uomo addà puzza’, la donna solo in quei giorni)
- Se hai il mestruo e tocchi un dolce non lievita
(per questo faccio solo crepes e tiramisù, tiè!) - Non è consigliato fare il bagno al mare
(lo squalo potrebbe eccitarsi sentendo l’odore del sangue e addentare la mestruata anche se questa se ne sta in ammollo a Cecina) - Non farti la tinta, con il mestruo non prende
(anche se una si tinge di rosso?) - Non toccare la carne perché potrebbe guastarsi
(sul pesce non ho trovato informazioni, ma sappiamo che dopo 3 giorni puzza, a volte anche prima) - I peli crescono di più
(i calvi invidiano le mestruazioni) - Meglio non avere rapporti sessuali
(potrebbe appassire i cactus?) - Non montare la panna
(come per la maionese e i rapporti sessuali è vietato montare) - Le mestruazioni non fanno lievitare il pane e la pizza
(ma tanto che ce ne facciamo delle lievitazioni se non possiamo avere rapporti sessuali?)Sempre in ambito culinario troviamo anche: - Le donne mestruate non dovrebbero mangiare carne
(in effetti se marcisce al tocco perché dovremmo?) - Non fare le conserve o cucinare i pomodori
(visti i precedenti credo sia possibile essiccare con successo il pomodoro)In alcune zone sono riscontrabili altre leggende: - (Sicilia) Non guardare il grembo di altre donne perché potrebbe renderle sterili
(abbiamo un potenziale micidiale nel ciclo, qualcuna di noi ce l’ha anche nell’automobile) - (Puglia) Non toccare il grano perché il mestruo lo rende non commestibile
(infatti sappiamo per certo che Luiselle non cantava Andiamo a mietere il grano in quei giorni) - (Abruzzo, Calabria, Puglia, Sicilia) La mestruata non può aiutare nella preparazione dei distillati
(ci auguriamo che la poveretta almeno possa berli) - (Piemonte, Val D’Aosta) La mestruata non può contribuire alla salatura dei cibi
(il salame, anche lui, potrebbe fare una fine del cactus)
Il mio elenco finisce qua ma sono certa che molte altre leggende mi siano sfuggite e mi farebbe piacere ricevere i vostri contributi a riguardo. Il sangue ha sempre fatto paura, è stata Eva a farsi traviare dal serpente, quindi le donne sono impure blablablà e altre fesserie che purtroppo ancora resistono.
Scusatemi se questo post non vi è piaciuto, si lo so … ho scritto cose migliori in passato, ma che ci posso fare? Proprio oggi mi è venuto il ciclo!

- Se sei mestruata non puoi toccare le piante altrimenti appassiscono
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Giulia passava ore a fotografarsi davanti allo specchio. Cambiava trucco, pettinatura e abbigliamento, provava varie espressioni come fosse un’attrice consumata. Si spogliava, metteva una mano sul seno, sul suo sesso, s’incurvava. Fotografava i suoi orgasmi e tutto quello che poteva precederli: la sua espressione durante un appuntamento, la seduzione provocata e quella subita, l’eccitazione, l’impetuosità, la goduria e l’appagamento finale.
Aveva comprato un vestito nuovo e della nuova biancheria intima. Non vedeva l’ora di tornare a casa per osservarsi e immortalare la sua vestizione e la sua denudazione. Quella sera doveva uscire con un uomo particolarmente interessante, ci teneva che tutto filasse liscio, fotogramma per fotogramma. Si era presentata davanti al grande specchio della sua camera con l’accappatoio e la macchina fotografica già sistemata sul treppiede. Due, tre scatti con l’accappatoio chiuso, aperto e a terra. Altri scatti: la mano che passa la crema sulle gambe, i capelli bagnati, pettinati, asciutti, legati. Gli slip di pizzo nero meritavano tanti punti di vista, come il reggiseno in coordinato da cui trasparivano i suoi turgidi capezzoli. Il vestito davanti, di lato, le labbra nude e poi vestite di rosso, gli occhi, i capelli adesso sciolti sulle spalle. Di nuovo le labbra, scatti sul rossetto perfetto, il rossetto sbavato da un primo bacio seguito da tanti che ne avrebbero cancellato ogni traccia. Foto al vestito: sollevato, aperto, sul pavimento. Il seno vestito, il seno denudato, gli slip, una mano che s’insinuava dentro, gli slip tolti. Si toccava e fotografava le sue smorfie, la sedia, lei sopra con le gambe aperte, le sue dita sul clitoride. Giulia fissava le sue immagini per conservare le sensazioni di ogni suo appuntamento. Aveva interi album delle sue avventure, negli anni aveva raffinato la sua arte, era diventata l’icona che aveva sempre desiderato essere. Le dita continuavano a tormentare il suo clitoride. Squillò il telefono, vide l’orologio, si stava facendo tardi, il suo appuntamento rischiava di saltare. Rivolse lo sguardo nuovamente al suo riflesso, era bellissima mentre si procurava piacere. Ormai non c’era più il tempo di rivestirsi e di rifarsi il trucco, continuò ancora a toccarsi, i minuti passavano, ma in fondo a lei di quell’incontro non importava più di tanto, non sarebbe stata davvero così bella con lui come lo era adesso davanti allo specchio.
Jack Vettriano: Mirror Mirror



