
Temo che questo odore così forte di polvere, muffa e passato svanirà quando finirà la ristrutturazione della villa e ho paura di perdere la memoria delle sensazioni che avevo provato qua con lei. Come potrò mai conservare la fragranza della mia eccitazione di allora, mista alla sua pelle candida e alla sua cipria che mi restava addosso e continuava a farmi sognare ancora per molto tempo dopo l’amore? Non so se davvero ho amato quella donna, ma so che ho amato, e amo ancora, quella magia di cui qui percepisco ancora il profumo.
La mia signora bionda, di un’età che non sono mai riuscito a definire, che quell’estate m’insegnò ad amare, se n’è andata da tempo lasciando qua quei libri che mi avevano portato in mondi lontani, i suoi profumi francesi e le sue tende appesantite dal tempo. La villa è splendida e i ciliegi sono in fiore, questo resta uno dei posti più belli di cui abbia memoria. Da piccolo mi sembrava enorme questa villa che domina la collina, a cui mi avvicinavo furtivamente con la mia bicicletta, fino al giorno in cui lei si accorse della mia presenza e m’invitò a entrare.
A quindici anni non avevo idea di cosa avrei fatto della mia vita e non sapevo neanche quando sarei diventato uomo. Studiavo al primo anno della scuola per geometri perché i miei volevano per me un futuro diverso dai campi da coltivare.
La signora se ne stava in piedi vicino al cancello dove mi ero fermato così tante volte. Non l’avevo mai vista così da vicino; in paese si diceva che fosse rimasta sola e che solo raramente ricevesse visite.
Morbida è il primo aggettivo che mi venne in mente guardandola quel giorno, avvolta nella sua vestaglia grigia di seta che le si adagiava addosso, leggermente aperta sul suo seno abbondante ormai poco sostenuto dalla perduta giovinezza e sui suoi fianchi larghi. Portava sempre una fascia in testa per contenere i capelli ribelli, il cui colore stava ormai sbiadendo. Fumava una sigaretta di quelle fini quando mi chiese, con la sua voce roca e un po’ autoritaria, cosa ci facessi davanti a casa sua.
Borbottai qualcosa di incomprensibile mentre, visibilmente arrossato in volto, inforcai la bici tentando di scappare e strappandole una grassa risata. «Dove vai, ragazzino? Ti faccio così paura?» e mi aprì il cancello invitandomi a entrare. «Vieni, ti offro un bicchiere d’acqua, ad occhio ne hai proprio bisogno… su dai, mica mordo».
Quella fu la mia prima volta nella villa. Ricordo ancora lo stupore nel vedere così tanti libri: non ne avevo mai visti così tanti tutti insieme neanche nella biblioteca del paese. Ma fu l’odore di quella signora, l’odore che ancora percepisco qua dentro, la cosa che più mi sconvolse. Le stanze erano tutte un po’ in ombra, c’era dappertutto quel disordine di vita vissuta che risuonava nei vecchi dischi di jazz che lei ascoltava quasi in continuazione.
Non spiccicai quasi parola quella volta lì; lei fu gentilissima e molto entusiasta quando farfugliai qualcosa sui suoi libri, e m’invitò a venirla a trovare di nuovo, offrendosi di prestarmeli qualora lo avessi desiderato. Fu quello l’inizio. Tornai a casa con il cuore in gola, cercando d’imprimere nella memoria il suo profumo. Mi accorsi che ero eccitato e ne provai vergogna. Sentivo in me un misto di attrazione e di paura: volevo tornare a trovarla quanto prima, la scusa dei libri era ottima e poi, in fondo, cosa c’era di male nel parlare di letteratura con una persona che poteva insegnarmi tanto, anche se al solo pensiero di ritrovarmi con lei il cuore mi saliva impazzito fino in gola.
Andai a trovarla diverse volte; ogni volta lei mi offriva nuovi libri e mi raccontava dei suoi viaggi passati, delle sue interessanti amicizie con artisti di varia natura, ma non mi raccontava mai niente di strettamente personale. Non so se fosse vedova, divorziata o se non si fosse mai sposata, se avesse avuto figli. So solo che m’incantavo a sentire la sua voce che cambiava registro a seconda di ciò che più l’aveva resa triste o allegra.
Cercavo di starle sempre più vicino a ogni occasione per poterla almeno sfiorare, ma fu lei, con una scusa, quella volta a prendermi per mano per accompagnarmi al piano di sopra, dove in una vecchia cassapanca aveva trovato una stampa antica che aveva cercato disperatamente per molto tempo. Il tocco della sua mano mi fece letteralmente impazzire; lasciai scivolare via la mia mano sudata cercando di nascondere il mio imbarazzo.
Una volta tornati di sotto mi offrì da bere, dicendo che era l’occasione giusta per festeggiare. Bevvi un vino che non conoscevo, ma ricordo che era forte. Poi ricordo la sua mano sulla mia che mi guidava sul suo seno, il primo bacio che sapeva di tabacco, liquore, ansia e sesso. Si spogliò nuda e rimase davanti a me, mentre io immobile restavo a guardare il suo volto solcato da piccole rughe di cui non mi ero mai accorto prima e la carne bianchissima del suo corpo.
Mi accarezzò e la lasciai fare fino a che le sue mani non toccarono il mio membro eretto e la sua bocca vi si posò per gustare la mia acerba essenza. Venni praticamente subito, imbarazzato non riuscii neanche a capire cosa mi fosse successo. Ci misi diversi giorni prima di tornare in quella casa, ma alla fine mi feci coraggio. La seconda volta la mia erezione durò più a lungo e nei giorni successivi imparai a controllarmi: entrai in lei e fu meraviglioso vederla ansimare sotto di me, sotto i colpi del mio acerbo corpo d’amante.
Avevo creduto veramente di essere innamorato di lei, sognavo un futuro insieme in barba alla differenza di età e ai giudizi. Fu lei a liquidarmi un giorno, così di punto in bianco, dicendomi che sarebbe stata via alcuni mesi e che non sapeva se e quando sarebbe tornata. Mi spezzò il cuore e quella fu la mia prima ferita, forse la più crudele, perché di questa non potevo addossarmi alcuna colpa.
So che non se ne andò mai in realtà, che restò chiusa in questa casa con i suoi libri e che mi lasciò libero di scoprire altri corpi, altre emozioni, altri amori.
Difficile per me oggi lavorare qua, ridisegnare le stanze della mia lontana verginità perduta senza pensare a quei giorni. Toccherà a me cancellare definitivamente il suo odore da questi muri e consegnare a questa casa una vita nuova, lontana dalla signora bionda dei ciliegi e da quel ragazzo che ero molto, troppo tempo fa.el ragazzo che ero molto, troppo, tempo fa.




















